PERFECTUM GAUDIUM
Alla cara memoria
di Enrico Nencionì.
Francesco andava un dí verso Perugia,
al suo compagno così favellando:
«Frate Leone, pecora di Dio,
odimi attento. Se il frate minore
tutti comprenda i moti de le stelle
e scuopra tutte le virtú segrete
delle pietre, degli alberi e dell'acque,
ed anco s'egli interpetri il linguaggio
degli animali che per terra vanno
e degli uccelli che per aria volano,
sappi che in questo non è Grioia piena».
E dopo un tratto di cammin riprese:
«Frate Leone, pecora di Dio,
odimi attento. Se il Frate minore
intenda e parli tutti gli idiomi
che le diverse genti ebbero in terra;
e s'egli acquisti quanta è sapienza
nei Sacri Libri e tesaurizzi quanto
scrissero i Padri e legga manifesti
i pensieri degli Angeli e dei Santi,
sappi che in questo non è Gioia piena».
E dopo un tratto di caminin riprese:
«Frate Leone, pecora di Dio,
odimi attento. Se il Frate minore
abbia potenza di guarir la lebbra
e faccia dritto camminar gli storpi
e ridoni la luce agli occhi spenti;
se spezzi predicando il cuor di tutti
i peccatori e tutti gl'infedeli
docili renda ne la fé di Cristo,
sappi che in questo non è Gioia piena».
E dopo un tratto di cammin riprese:
«Ascolta, ascolta, pecora di Dio,
frate Leone. Quando sarem giunti
dentro a Perugia, se una turba ostile
ne verrà intorno e, come a due gaglioffi
ne schernirà, ne strapperà i cappucci,
ne brutterà le tonache di fango,
poi, passando a le pietre ed ai randelli,
ne lascierà per terra mezzo morti,
sappi che solo in questo è Gioia piena».
Così parlando, il Santo si fermò
a mezzo l'erta. Il sole a la sua faccia
da la cima del Catria raggiava;
e non s'udìa lo scroscio del torrente
e tacevan le rondini nel bosco.
Senti frate Leone in quel silenzio
una domanda. Gli occhi mansueti
alzò in viso al Maestro e disse: «andiamo!»
1896
Enrico Panzacchi