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GLI ALIMENTI CORPORALI

Chiamare amore quello che tu ed io facciamo
è perpetrare un sentimentalismo
indegno di noi stessi, che siamo ancora amanti.
Questo è meglio lasciarlo fare agli altri,
a coloro che devono diluire un vino forte.
Il nostro è un fenomeno distinto,
né circonlocuzioni, né grumi letterari.
Si manifesta nell’annientamento 
reciproco. Consiste in una prospezione
per avere piacere e per offrirlo,
un furto generoso che si dona egoista.
È un pesante lavoro tra le fiamme
dell’intimità nostra, ed un assedio
primitivo al castello della vita.
La carne si alimenta della carne,
di quel mutuo veleno trionfante.
Ciò che tu e io facciamo non è l’amore.
A meno che si intenda per esso un sacrificio
nel quale ci concediamo agli dei suicidi
che vivono nel pozzo del nostro stesso sangue.
Per nominarlo si dovrebbe incorrere
in parole che alcuni considerano oscene,
benché l’oscenità nemmeno lo chiarisce,
poiché non pretendiamo istruire nessuno
né sull’impudicizia, e né sulla virtù.
Quello che meglio spiega, senza esaurirla mai,
la barbara purezza del mutuo desiderio
è una selvaggia battuta di caccia
e il forte appagamento in cui si sfamano,
tenendo gli occhi chiusi contro il tempo,
nell’estasi egoista di un feroce banchetto.
Per l’ottopoda bestia che tu ed io creiamo,
sono una insensatezza i termini innocenti,
un triste disonore nella lotta.
Non facciamo l’amore, noi deprediamo
con passione notturna nella casa del corpo.

autógrafo
Carlos Marzal
Traduzzione: Carmela Oliviero


«Metales pesados» (2001)

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